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Particolarmente legata al concetto di calco in quanto matrice, la sua ricerca artistica è incentrata su questo dispositivo come in riferimento ad un gesto che è traccia del vuoto sensibile tra forma e rappresentazione e che agisce nel presente.

L’impronta, così come in un’esplorazione territoriale, servendo a scegliere dove dirigersi più che a simboleggiare una nostalgia è usata per spostare la riflessione su quanto la memoria, sia individuale che sociale, influenzi la percezione di identità.

Scardinando l’idea di serie fotografica come anche di una corrispondenza visiva con qualcosa di classificabile in maniera univoca, l’uso di diversi livelli narrativi e l’introduzione di materiali contrastanti tende alla ricostruzione di un circo minimo di senso, di un luogo che sia condizione.

Aminta Pierri - Taranto, 1983 - Vive e lavora a Roma e in Puglia.

Dopo gli studi accademici in semiologia e traduzione inter-semiotica si forma in fotografia costruendo una pratica che interseca l’utilizzo del mezzo con la manipolazione di immagini d’archivio, oggetti quotidiani, poesia ermetica ed orfica, elementi audio.

Nel 2014 ha pubblicato il lavoro L’unghia del leone con la casa editrice Witty Books di Torino avviando da quel momento una produzione che confluisce, sia nella forma del libro d’arte sia in quella espositiva, nella restituzione di piccoli ‘teatri di memoria’ nei quali il tempo rappresenta un accadimento e la fotografia uno stato emotivo ed intimo.

Per Unfamiliar Belongings - A Clementina Pagani

 

Una scatola di fotografie della famiglia di mia madre e io non conosco nessuno. Solo mia madre, sua madre e suo padre sono volti familiari per me. Non i posti, non li ho mai visti. Non le persone con cui non ho mai parlato. Non ricordo i loro nomi, non li riconoscerei per strada. Non posso più chiedere, perché nessuno può rispondere.

Eppure a loro appartengo.

 

Un diario di ricordi d’infanzia di mia madre mi ha portato a fantasticare su chi potevano essere e che legami avevano con mia madre e quindi lontanamente anche con me, come fili tesi tra luoghi e tempo.

 

In particolare penso a Clementina Pagani di cui ho lettere e lettere indirizzate a mia madre. Ricordo solo che lei la chiamava la Mentina e a lei immagino di rispondere con questo lavoro..

 

 

foto d'archivio, rame, semi di dente di leone annodati, collage.

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Per  A. eccetera

eccètera locuz. [dal lat. et cetĕra «e le cose rimanenti»]. – E tutte le altre cose, e tutto il resto, e le cose che restano.

 

Dopo la morte di mia madre, avvenuta nel 2017, le esperienze di impotenza, di accavallamento di memoria e di frammentazione sono diventante per me sovrastanti e imprescindibili e si sono incastonate nella mia pratica artistica già fondata sulla manipolazione del concetto temporale.

Il termine eccetera rappresenta per me il simbolo di tutti i frammenti, dei pezzi che si sono rotti e sparsi dopo questo evento, della loro accumulazione infinita e che accetto come tali, come non comprimibili in un’unica sintesi/risposta.

Tutte queste schegge falliscono lo scopo di una rappresentazione univoca e allo stesso tempo, continuamente, provano ad accendersi come rottami di scintille per inseguire quella stessa rappresentazione diventando una possibilità di superamento. L’accumulazione porta il seme del divenire perché non si chiude, non finisce; tutto quello che reinterpreta è tutto ciò che resta, ovvero quella consolazione di immaginazione che è la memoria.

 

Il lavoro è diviso in tre capitoli, simbiotici se pure autonomi. 

Vorrei andarmene scalando un albero di betulla (da un verso di Robert Frost)

Stampe su lastre pet in scala di grigio 13x18, Tela 2x3 mt

Esposto da Jest, Torino 2017

Un oggi dagli occhi incapaci di vedere un poeta (da un poema di Arakawa Yoji)

Proiezione diapositiva, Oggetti, Rame

Esposto da Fonderia 20.9, Verona 2021

Il ricordo è sempre solo tuo

Vernice ossidata su immagini d’archivio e stampe, Accumulazione di immagini

Esposto da Fonderia 20.9, Verona 2021

Interviste ed Evento per Fonderia 20.9, Verona

https://www.fonderia209.com/vap-1-con-aminta-pierri/

https://www.fonderia209.com/aminta-pierri/

 

 

 

 

Per L'unghia del leone

Rimasti sempre intimi, i primi versi del poeta Michele Pierri, contenuti nel volume inedito L’unghia del leone, sono diventati il simbolo dell’osservazione di quanto la sua figura abbia determinato lo sguardo dell’autrice. 

Nel suo procedere e farsi immagine e successivamente libro questa riflessione si è spostata al luogo e alla memoria come elementi visti in ottica sia personale sia collettiva, scardinando la chiave del passaggio del tempo. Attraverso l’evidenza dell’oggetto fotografato in quanto tale, particolarmente nelle stampe di famiglia, belle nella loro utilità intima e pregne di tutti i segni che questo uso ha inciso nei graffi e nella polvere, i frammenti di memoria si cristallizzano per diventare simbolo del presente e del sentire attuali. È un qui e ora che usa il tempo verbale del passato. 

L’uso della luce e del taglio sono tesi a portare in superficie non il ricordo del momento che è stato, seppure importante e particolarissimo, ma il ricordo del momento che forma il presente. Queste immagini funzionano come specchi, sono oggetti d’uso, sono il luogo e il ricordo visti in funzione della storia intesa come ‘percezione’. L’unione tali oggetti in un luogo fisico lo trasforma in uno spazio fluido, storico ma non nostalgico, descrittivo ma visionario.

Una metafora visiva e sonora del tempo poetico che si fa più emozionale che fisico.

L’unghia del Leone è il nome della raccolta dei primi scavi poetici di Michele Pierri ed è diventato dal 2012 titolo del lavoro e del libro della nipote Aminta Pierri. Il dummy de L’Unghia del Leone è stato esposto al Photobook La Pelanda Macro Testaccio nel 2012, e pubblicato da Witty Books nel 2014 e presentato al Paris PhotoBook Club in occasione dell’Off Paris Photo dello stesso anno. Nel 2016 ha visto la sua seconda edizione con lo stesso editore.

Tutte le copie sono sold out.

Le uniche disponibili con stampa fine art sono in una edizione speciale creata in occasione della mostra a Napoli per Magazzini fotografici 2021 

Mostra da Magazzini Fotografici, Napoli

Aminta Pierri - L’unghia del leone - 2012 - 2021

 

L'unghia del leone è il titolo dei primi scavi interiori inediti del poeta Michele Pierri – napoletano di nascita di via dei Tribunali, napoletano di formazione medica e filosofica, poeta dell’ermetismo e orfismo italiano a cui il lavoro e il libro sono dedicati. 

Begin, go out of the house, apply yourself to the Law of the Buddho; annihilate the army of death as an elephant upsets a hut of reeds. He who shall walk without distraction under the discipline of this Law escaping renewed births, will put an end to sorrow. Queste parole, trascritte a mano dal testo di Barthélemy Saint-Hilaire pubblicato nel 1914 in Inghilterra sulle origini del buddismo, segnano il retro di una cartolina di quegli stessi anni solcata dall’autoritratto del giovane poeta nelle vesti di monaco buddista. Un ricordo di qualcosa di avvenuto, un ricordo di insegnamento e via da seguire, diventa un frammento di memoria che agisce e si scolpisce così nel presente. Le immagini e le parole diventano specchi, oggetti di riflesso vissuti come posizione rispetto alla vita. Emergono dal passato, si immergono nel presente e riflettono un qui e ora nella ricerca dell’ espressione di un luogo fluido, storico ma non nostalgico, descrittivo ma visionario. Un luogo nel quale i segni, i graffi e i riflessi si rendano interpreti del colore, della temperatura della vita che è questo colore, a tratti evidente a tratti nascosto nelle pieghe delle stampe e nei bagliori dei rimbalzi di luce.

Rappresentazioni di forme, versi che ripetono la percezione di essere corpo nell’istante in cui si vive, la voce del poeta che nell’ultimo viaggio per incontrare la madre le legge le proprie parole nella poesia Amerò Dio sul periodo vissuto in carcere da detenuto per antifascismo; memoria che si innesta sulla nuova memoria che ne scaturisce.

Le immagini, i testi, il nero in cui riflettono e si riflettono, l’ascolto da vivere intimamente si attuano, nella costruzione dell’artista, in un teatro minimo di tempo, innescando uno spazio che è momento.

 

 

A cura di Aminta Pierri e Pamela Piscicelli

 

 

Napoli, 29 ottobre 2021 - Magazzini Fotografici

Per Edo

Nato come Balter e diventato EDO - Edizioni d'Ottobre - questo laboratorio per libri fotografici e spazio di indagine sulle connessioni intersemiotiche tra immagini testo e pagine ha attraversato varie fasi e forme per approdare ad una costituzione ibrida di supporto allo sviluppo di lavori a lungo termine di impronta visuale e all'editoria self-publish

editing e book concept per libri fotografici d'artista

assistenza allo sviluppo di progetti a lungo termine

workshop, corsi e webinar di approfondimento in materie intersemiotiche

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